Strumenti di valutazione per il no profit

E’ sempre difficile, nell’area degli interventi sociali, trovare degli strumenti che permettano di valutare se l’azione realizzata ha portato dei frutti. La difficoltà dei contesti in cui si innestano, la rilevanza delle dimensioni psicologiche, l’impossibilità di attendersi solo delle soluzioni concrete, rendono in molti casi complessa la misurazione del successo di singoli progetti.

Eppure la valutazione resta fondamentale anche per capire, in scarsità di risorse, su quali iniziative conviene investire, e per far uscire il settore dal rischio di autoreferenzialità soggettiva.

In scia a queste considerazioni raccontiamo una case history di successo, che ha inserito, all’interno di un percorso di formazione di operatori, la costruzione di uno strumento di valutazione.

Il progetto di riferimento riguarda il supporto a famiglie in condizione di grave EMERGENZA ABITATIVA a Milano. Sviluppato dal Comune insieme a un gruppo di enti del terzo settore, prevedeva un sostegno e una giuda alle famiglie su più livelli. Il consorzio SIS ha offerto un percorso di formazione gestito da Jacopo Dalaj, che si è prefisso l’obiettivo di creare, con il supporto di Pepe Research, uno strumento di valutazione sugli interventi messi in atto dalla equipe di operatori del progetto (educatori, mediatori culturali, counsellor e assistenti sociali).

 

Il percorso ha previsto 4 step operativi:

1. INDIVIDUAZIONE, con i cooperanti al progetto, DELLE DIMENSIONI che maggiormente possono influire sull’emergenza abitativa. Sono state identificate 4 macro aree:

  • Ruoli e relazioni, con riferimento soprattutto ai ruoli dei singoli componenti della famiglia, ad eventuali rigidità, alla presenza di traumi e/o di conflitti;
  • Conoscenza e consapevolezza rispetto alla situazione abitativa a Milano, ai servizi di supporto  e alla capacità di essere proattivi nella gestione del problema;
  • Lavoro: necessità di trovare un lavoro, strategie messe in atto, presenza di fattori di blocco e proattività;
  • Rete: esistenza di una famiglia allargata ed eventuale rapporto di delega o stimolo con essa; capacità di fruire delle risorse pubbliche disponibili.

2. Costruzione in equipe di un QUESTIONARIO che permettesse di fotografare la situazione dei singoli casi in ingresso ed in uscita, monitorando lo stato di salute delle singole dimensioni.

3. Elaborazione di INDICATORI SINTETICI per ciascuna delle aree osservate.

4. Analisi dei questionari in un confronto PRE-POST intervento.

Questa metodologia ha permesso di “misurare” gli esiti degli interventi e di creare un primo monitoraggio che aiutasse a fotografare le aree in cui l’iniziativa ha dato i maggiori frutti e quelle invece potenziabili.

Ovviamente non è dato sapere, per le singole dimensioni, quale sia il miglioramento massimo possibile, ma i risultati di questa rilevazione ci dicono che lo strumento sembra funzionare: esso mostra infatti una situazione invariata nel confronto pre-post per le variabili strutturali (per es. esistenza o meno di una famiglia) su cui non è lecito attendersi un miglioramento, e scostamenti  più o meno ampi sulle dimensioni su cui il progetto si prefiggeva di incidere.

In estrema sintesi, l’analisi mostra cambiamenti più evidenti nell’area delle criticità/problemi, della consapevolezza e della proattività nella ricerca del lavoro. E’ su queste aree che l’intervento della cooperativa sembra essere stato in grado di dare i suoi frutti migliori, incidendo in modo significativo sulle realtà che ha incontrato.

L’iniziativa è stata sicuramente di stimolo anche nella dimensione della rete, sia formale che informale, incrementando la vitalità della stessa e incentivando relazioni stimolanti e una cooperazione con le risorse relazionali disponibili. I miglioramenti in queste aree sono stati più tiepidi, ma la letteratura insegna che un cambiamento, anche piccolo, può assumere un grande significato e innescare processi evolutivi di valore.

E soprattutto è stato creato uno strumento di cui la cooperativa potrà continuare a valersi per monitorare l’andamento dei propri interventi, utilizzando questa prima rilevazione come ago della bilancia e portando a sintesi dei propri progetti di intervento anche dati di valutazione oggettiva.

Certo, questa iniziativa deve essere vissuta in primo luogo proprio dagli enti coinvolti e dagli operatori come uno strumento al servizio del progetto: sono infatti i collaboratori stessi a compilare le schede di valutazione sui casi intercettati sia in entrata che in uscita e quindi diventa tutto falso e inutile se il lavoro viene portato avanti con l’obiettivo di “uscirne bene”. Al contrario la compilazione deve avvenire nella massima onestà e con la consapevolezza che è anche l’uso di strumenti professionali che può aiutare il settore no profit (e gli enti che lo supportano) a innescare dinamiche virtuose, sempre meno artigianali, che permettano di rendere le iniziative intraprese sempre più efficaci.

 

(Aprile 2015)